Silvio Raffo, 1999

Presentazione di Allieva della vita, Ed. del Leone.

Le brevi liriche di Silvia Venuti sembrano fondere con amabile grazia “il magico” ermetismo ungarettiano ( quello della stagione del ”Porto Sepolto” ) con la fulminea icasticità dell’haiku giapponese. Può “la propria vita” fiorire “dalla parola” / nella ”limpida meraviglia /di un delirante fermento” e allo stesso tempo tradursi in motto sapienziale di tanto profondo spessore nella dialettica zen di un vuoto/pieno che giustappone di continuo esperienza vitale e contemplazione mistica? Questi versi ci inducono a credere di sì, nella loro immacolata freschezza come nella loro vertiginosa densità. (…) Un solo soffio, delicato e possente, come brezza tra le fronde dei salici, fa tremare di brividi il silenzio e si trasforma in musica oracolare. Le parole, così lievemente intrecciate, saltano simili a “gocce d’acqua nel torrente d’argento”, ma la loro musica non è gioco fugace di suoni, puro rimbalzo fonetico; compone bensì un racconto, in una sorte di perenne iniziazione esistenziale e animica (…)  Nella “Perpetua Ricerca” c’è un “amoroso scambio”, il dono della comunicazione che si aggiunge alla qualità sottile del sentire. (…)

Nel Labirinto, 2002

Edizioni Pulcinoelefante, copie 30, Osnago

Nel Labirinto, Edizioni Pulcinoelefante, copie 30, Osnago, 2002

Paolo Ruffilli, 2002

Prefazione di Le parole necessarie, Ed. del Leone.

L’immagine speculare della gioia e della semplicità, l’incontro della vita con la grazia sulla scena linda e luminosa della parola: ecco il senso della poesia di Silvia Venuti. Sullo sfondo del paesaggio delle campagne e della pianura, nella prospettiva culturale ed umana che la natura non è mai soltanto fondale, ma sostanza ed energia di un discorso insieme speculare e speculativo.

Nei versi di questo “libro” (compatto e monotematico, più di quanto possa essere una semplice raccolta), il pensiero si fa fluido che liberamente muove dentro ai vasi comunicanti delle immagini. E queste immagini nella loro individuazione, risentono delle virtù coloristiche dell’autrice che è anche pittrice.

La poesia di Silvia Venuti segna le tappe di un “itinerarium mentis in Deum”, di un’avventura metafisica ed esistenziale, di un’indagine del profondo, di un riconoscimento della coscienza. (…) Nell’intensa partecipazione al dolore del mondo, la disposizione metafisica è, in Silvia Venuti, la consapevolezza ( e l’esperienza di vita, addirittura ) che la povertà delle creature e delle cose è la loro grandezza e universalità. E da ciò discende la scelta di una essenzialità espressiva che si affida alle Parole necessarie e alla loro sottile musica zen che ha una piegatura personale, originale e inconfondibile.

Giorgio Bàrberi Squarotti, 2005

Prefazione di Nelle ragioni della vita, Ed. del Leone.

La caratteristica della poesia di Silvia Venuti è di apparire rapida, essenziale, lineare, ma, al tempo stesso di cogliere ogni volta la lezione suprema ed esemplare della riflessione, dell’esperienza intellettuale, del significato fondamentale dell’essere. E’ un discorso poetico che prescinde pressoché del tutto dal commento descrittivo, dalle immagini, dalle metafore dei paesaggi e delle stagioni, dei luoghi, dello spazio e del tempo, che pure costituiscono il retaggio più comune della poesia, anche quando tende all’emblematicità fino all’allegoria ( e tanto meno si accompagna alle similitudini) per concretarsi sempre nel concetto, fino a fissare la verità dell’esistere che l’ideale protagonista, contempla medita, descrive, offre come esempio certo al lettore. Penso al giudizio delle cose nel momento in cui il poeta le vede e le stabilisce nella parola, dopo che tutte le notizie, le emozioni, gli eventi sono stati depurati per poterne riconoscere l’essenza. Il discorso poetico di Silvia, proprio in contrasto alla velocità del dire, tende all’assolutezza del sublime. Il ritmo è fortemente scandito nella brevità del verso, prosciugato per la necessità del concetto, del pensiero, che propone al lettore il significato assoluto degli accadimenti e delle situazioni fondamentali dell’essere. (…) E’ un risultato davvero esemplare nell’assoluta pienezza e rarità dell’evento, oggi.

Cielo e terra, 2006

Edizioni Pulcinoelefante, copie 30, Osnago

Cielo e terra, Edizioni Pulcinoelefante, copie 30, Osnago, 2006

Mario Chiodetti, 2009

La Provincia, 8 / 1 / 2009
La sacralità naturale

(…) “Lasciarsi contaminare dall’innocenza della natura” è l’intendimento posto come ideale dedica nelle prime pagine, e di natura incontaminata, catturata con il pennello o con i versi trasuda il libro, pubblicato da Eupalino con la grafica di Toshihiro Miki, molto zen ma efficace nel lanciare piccoli messaggi al cuore. Silvia Venuti, che nel 2007 ha pubblicato per l’Editoriale Giorgio Mondadori un’elegante raccolta di opere dagli anni Settanta ad oggi, intitolata “I giardini dell’anima”, torna a riflettere sull’argomento con un’intensa postfazione, “una piccola lettera sull’anima” che è un inno alla Natura amica e custode di sensazioni ed emozioni che sta a noi scatenare, rispettandola e conoscendola nel profondo. “ La Natura è imparziale e ci conduce in una dimensione fuori dal tempo e dallo spazio. La Natura, all’anima, chiusa in una capsula mortale e temporanea appare eterna: eterna è l’Anima del mondo. (…) L’anima si esprime nella libertà ed è creativa: propone vie nuove, sfida i limiti e le paure, l’anima si affida all’Anima del mondo“, scrive Silvia Venuti. E le sette sezioni del libro dedicate a alberi, monti, mare, fiori, lago, cielo e animali, raccontano di incontri quasi fatati con prati e boschi, radici e insetti, il popolo delle acque e quello dell’aria, la luce che gioca con le onde del mare, il canneto biondo contrappuntato al verdeblu del lago. La poesia è libera di danzare con le immagini, circondandole e capovolgendole, a volte, in un gioco di preziosi rimandi, perché uno dei segreti dell’anima è il continuo dialogare dentro e fuori di sé.

Giancarlo Pontiggia, 2009

Presentazione di Oltre il quotidiano, Moretti&Vitali.

Oltre il quotidiano è una raccolta poetica che possiede il pregio, così raro oggi, della semplicità e della profondità.

Le parole sono tratte dall’universo del mondo quotidiano: sono le stesse cui ricorriamo per dire dei giorni che passano, delle foglie che cadono, dei dolori che ci feriscono, delle gioie che ci prendono all’improvviso, di tutto ciò che insomma riguarda gli uomini di ogni luogo e di ogni età. Nello stesso tempo, però, il poeta cerca di andare oltre, di scoprire sotto la scorza delle cose e delle parole comuni, qualcosa che le trascenda, di scoprire il senso di ciò che accade. (…)

La poesia di Silvia Venuti vuole insomma accedere – è questo il suo proposito – alla «sapienza del cuore», entrare nelle stanze più segrete dei giorni che ritualmente si consumano, contemplare le cose che ci lasciano e dicono addio, ma anche la meraviglia di una neve che cade, i vasti moti celesti, le trascorse memorie familiari. E lo fa senza barare con il lettore, ritirandosi in uno spazio minimo, spoglio, che è quello dell’anima sensibile e severa, che non disdegna la consolazione dei pensieri buoni e misurati, quegli stessi che la letteratura moderna tanto tiene in dispregio, quasi temesse il potere sottile della loro opera: ogni poesia di questo libro è come un giorno della nostra vita, e il lettore, poesia dopo poesia, è come se scoprisse il senso del passare del tempo e delle stagioni, la difficile conquista dell’arte di vivere.

Giorgio Bàrberi Squarotti, 2009

Postfazione di Oltre il quotidiano, Moretti&Vitali.

Silvia Venuti è una pittrice raffinata, elegantissima, contemplatrice ed evocatrice di paesaggi, di verdi prati e alberate, di cieli leggeri e luminosi, di sfumati sogni di nuvole e di tenerissime acque; ed è un’altrettanto preziosa autrice di versi di dolce musica e armonia. Ma nella nuova raccolta poetica, che significativamente si intitola Oltre il quotidiano, il discorso è profondamente mutato: è oltre la contemplazione, la liricità dell’anima, l’emozione del paesaggio e dell’estatica partecipazione della parola alla vita per la tensione invece alla meditazione, al commento, alla lezione, alla sentenza del significato delle esperienze, degli avvenimenti, delle situazioni del tempo. (…)

Sempre domina il rigore del verso netto e ben scandito. Lo spazio si è racchiuso nel concetto, nel pensiero; e il tempo è, ora, quello della definizione e della raggiunta conoscenza delle ragioni e delle venture dell’esistenza, con il senso, tuttavia, di essere sull’orlo dell’abisso, per la vertigine che colpisce la stessa parola di fronte alla consapevolezza del dolore, dello sfrangiarsi dei sentimenti, delle persone amate e avute accanto nelle pienezze dell’anima di prima. (…) Dice Silvia: «Verrà un momento / d’armonia assoluta, / di pienezza, / che riscatti le sconfitte, / l’inadeguatezza / per un destino più grande, / da seguire / senza condizioni?». È la scommessa come inquieta e turbata del discorso poetico di Silvia, ma anche è il rischio della vanità, dell’impossibilità; ed è la caratteristica altissima di questa poesia: tipicamente contesta di sostantivi, di verbi, mentre rarissimi sono gli aggettivi; di metafore e di similitudini, invece, si dà sempre l’ossatura solidissima dei termini portanti, architettonici. (…)

La diversità dei concetti e delle sentenze si armonizza rigorosamente e saldamente come il grande racconto per emblemi e conquistata verità della vita e dell’anima. (…)

Mario Chiodetti, 2009

La Provincia, 15/ 12/ 2009
La vita si conquista con atti di quotidiana poesia

(…) L’ultima raccolta di Silvia, poetessa e pittrice, allieva a Brera di Domenico Cantatore e Guido Ballo, si intitola “Oltre il quotidiano” (Moretti&Vitali,). E’ una lunga riflessione sul senso della vita, sul sentirsi partecipi del presente oppure emarginati da una sensibilità troppo accesa, in un viaggio dentro l’anima che ricorda quello “d’inverno” di Wilhelm Müller, vestito delle note visionarie e struggenti di Franz Schubert. “Ogni poesia di questo libro”, scrive nella prefazione Giancarlo Pontiggia, “è come un giorno della nostra vita, e il lettore, poesia dopo poesia, è come se scoprisse il senso del passare del tempo e delle stagioni, la difficile conquista dell’arte di vivere”. (…) Pochi sono gli artisti che come Silvia esprimono se stessi con la medesima intensità nel verso e nella pittura, quadri in cui il senso dell’infinito e del libero volo fanno da controcanto al librarsi della parola, all’emozione racchiusa in gusci di luce. “In questa impermanenza,/ ove la Bellezza/ si fa sempre più rara e impossibile,/ l’attitudine a non possedere sicurezze/ consente di vivere il presente”, un presente cui ci si aggrappa nella speranza di un futuro, di un appiglio per ricominciare a sognare, a immaginare la Bellezza e a descriverla, come parte di noi. (…)

Tomaso Kemeny, 2010

Presentazione di Oltre il quotidiano
Casa della Poesia di Milano, 18 / 2 / 2010

Presentare Silvia Venuti, la sua poesia così come si palesa in Oltre il quotidiano (Moretti&Vitali, 2009) qui alla “Casa della Poesia di Milano” mi appassiona anche perché si tratta di evocare l’energia creativa di una persona che si esprime in due linguaggi, quello pittorico e quello poetico e soprattutto perché si tratta di un’artista che segue “…l’emozione/ come porta che s’apre/ a raggiungere il profondo,/ per conoscere la propria anima,/la parte senza tempo/ in simbiosi col creato.” come si legge negli splendidi versi a p.85 del suo libro qui celebrato, versi in cui risalta l’armonia cosmica a cui tende il suo linguaggio. (…)

Lo stile di Silvia Venuti è dominata dal colore/calore del suo enunciato lirico; di questo modo si evince come il nucleo costruttivo dell’opera  pittorica dell’artista trabocchi e continui a definirsi anche in poesia. Le sfumature delicate di colore determinano anche le qualità del suo dipingere, in una fase successiva resa al figurativo.(…)

Pierangela Rossi, 2012

Avvenire, 12, 12, 2012

Poetessa e pittrice, Silvia Venuti affronta la questione del trascendente con una matura propensione alla meditazione. Di rado capita d’incontrare libri come questo, che nascono dal pensiero più che dalle sensazioni. Dalla contemplazione più che dai sentimenti. Il naturale viene oltrepassato, a volte non è che occasione per esprimere una “visione assorta” cioè “la contemplazione interiore della vita”. Il crociano contenuto è la religiosità. Forse sono più ancora poesie di “coscienza”, dove chi scrive si svuota dei pensieri, li oggettiva e li osserva come un entomologo. Riflessioni, ancora, esistenzialiste. Ciò che colpisce, nella sintassi, sono i molti imperativi, specie dove sono sottintesi. Come in un’ardua scalata. L’altro dato peculiare è quello dei colori, osservati, evocati, dato che viene dalla sua pittura. (…) Perché è certo un libro di poesia, ma anche, come accade in alcuni fortunati casi, di poetica.

La visione assorta, Interlinea Editrice, Novara, 2012

Tomaso Kemeny, 2012

Nota per La visione assorta

A pensarci bene la poesia di Silvia Venuti è traducibile nell’immagine di “una mimosa piena di vento”, nel frammento, cioè, di una natura rapsodica disposta alle folate immense dell’anima del mondo. Si tratta di versi che si coagulano in brevi sospiri sul confine profondo che separa il sogno dalla veglia, i segreti dell’infanzia, ovvero gli enigmi delle origini, dalla maturità.
Qui la differenza tra caso e destino viene proiettata sull’unico percorso esistenziale reso possibile all’ombra di pluralità impossibili segnate tuttavia da desideri smarriti sul sentiero fantasmatico tracciato da una felicità miraggio.
Di conseguenza i sentimenti che legano agli eventi appaiono a distanza, senza le mutilazioni razionali e riduzioni da porre nelle vetrine della retorica. E la vita evocata in brevi tratti iconici pare intessuta di quei rischi e timori in grado di spalancare lo sguardo a spazi nuovi, a inesplorati bagliori.
Così la poetessa onora i momenti eccezionali in cui la bellezza si rivela crescere da semi di silenzio e di solitudine, fuggendo al caos informe che minaccia l’esistenza di un mondo ideale. I versi custodiscono barlumi di verità, balenii di figure delicate come i fiori più pudichi dal profumo che evoca i segreti dell’infanzia perduti nel grande mistero dell’essere.

La visione assorta, Interlinea Editrice, Novara, 2012

Franco Manzoni, 2012

LA LETTURA, Corriere della Sera, 23, 12, 2012

Versi come frammenti, che ricordano nella forma l’essenzialità del primo Ungaretti.
Minime gocce, attimi di respiri, avventure metafisiche e puri refoli di natura alle soglie tra evento onirico e risveglio abitano la silloge “La visione assorta” di Silvia Venuti (Interlinea).
La poetessa e pittrice varesina va alla ricerca del mistero dell’esistere, serbando nel cuore una mimosa ricca di vento.

La visione assorta, Interlinea Editrice, Novara, 2012

Giuseppe Conte, 2013

Premio Rodolfo Valentino – Sogni ad occhi aperti, III Edizione 2013, sezione poesia edita

Il primo premio va a La visione assorta di Silvia Venuti, un libro maturo, stilisticamente compatto, dove pensiero e immagini si fondono con naturale scioltezza e si potenziano a vicenda.
Le immagini sono quelle del succedersi delle stagioni, di tigli che profumano, di erbe strabordanti i sentieri in qualche vecchio giardino, di angoli di lago con le loro onde e i loro battelli, di venti, di nuvole che si slabbrano e si dipanano navigando “in un mare di cielo”.
Ma il poeta che coglie queste immagini con una precisione da incisore, è anche quello che riflette sulla propria esperienza e condizione umana, che sa che “la rarità della Bellezza / è commozione”, che “ciò che si ama / è già il nostro destino”, imprimendo alla sua poesia una piega quasi aforismatica, un tono di saggezza. Si fa presente man mano nel libro una religiosità, una pietà che rende l’autrice capace di vedere la “sacralità della vita” nelle rughe della propria mano e nell’universo.
Una poesia dunque che va premiata per la sua ricchezza di stile e di anima, e che è alla fine traducibile in quella mirabile “mimosa piena di vento” che si agita nel cuore al risveglio.

La visione assorta, Interlinea Editrice, Novara, 2012

Giuseppe Marchetti, 2013

Gazzetta di Parma, 20, 03, 2013

(…)“La visione assorta” è “un libro guarito e grato”, un incontro non tempestoso, un baluginamento del destino intravisto dall’orlo delle sensazioni che la poesia evoca e fissa nell’intento di fuggire dal “caos informe che minaccia l’esistenza di un mondo ideale” – scrive Kemeny. Ma tale fuga comporta un trascinamento di ricordi, emozioni, sentimenti, rimorsi e rimpianti tale da far pensare ad un mondo poetico sentito come condizione umana totale, il mondo che ci hanno insegnato ad amare e a temere Ungaretti, Montale, Campana, Sbarbaro, il cinico Giudici, il contemplante e realistico Luzi, lo scettico Sereni. A questi maestri, Silvia Venuti deve la smagata concretezza della propria “visione” che, pur “assorta”, non è mai indifferente, né metafisicamente distaccata. Una tale visione penetra davvero il mistero della realtà, e non se ne ritrae.

La visione assorta, Interlinea Editrice, Novara, 2012

Alessandro Rivali, 2014

Motivazione Premio Camposampiero, 22° Edizione 2014, sezione poesia edita

Entrare in un planetario è un’esperienza grandiosa e forse un po’ magica. Quando scende il silenzio e artificialmente viene proiettata la volta stellata, ogni spettatore rimane avvinto dalla bellezza del cielo. Lontani dall’inquinamento luminoso, dalle strettoie della nostra vita multicaotica, possiamo intuire il profilo delle costellazioni, i miti che accesero la fantasia degli antichi, che cercavano risposte ai quesiti dell’esistenza. Entrare nella poesia di Silvia Venuti, nella sua Visione assorta, è come addentrarsi in un magico planetario. Perché iniziamo a vedere la realtà con occhi nuovi, dando rilievo a tessere della nostra esistenza che consideravamo minute o, ancora di più, perché possiamo interrogarci con nuova luce sui crocevia del nostro passato o del nostro futuro.
La poesia di Silvia Venuti è prima di tutto contemplazione. È una scrittura dal passo breve, essenziale, tersa come il cristallo, che spesso trova ragione d’ispirazione nella natura. Vengono in mente allora due maestri della nostra poesia contemporanea, le scritture ‘vegetali’ di Pierluigi Bacchini o il ‘teatro naturale’ di Giampiero Neri. Se volessimo portare lo sguardo più indietro, potremmo ricordare i quadri del Catai di Ezra Pound. Ma la natura è solo l’incipit della ricerca di Silvia: le sue visioni, le sue contemplazioni, si perdono nei percorsi della memoria per ritrovarsi in una dichiarata sete metafisica. (…)

Silvia Venuti scrive di aver bisogno “della gradualità, / di passaggi misurati / per opportune variazioni, / per strappare verità alle cose”: nella sua poesia questa gradualità, questa ricerca della verità, trova compimento in una grazia particolarissima, quasi fiamminga, che ricorda anche gli haiku dell’Estremo oriente. O le accensioni di padre Turoldo o gli stupori di Clemente Rebora. (…)

La visione assorta, Interlinea Editrice, Novara, 2012

Siamo stati foglie, 2016

Libreria Bocca, collana I girasoli, copie 30, Milano

Il senso della vita, 2016

Edizioni Pulcinoelefante, copie 33, Osnago

Il senso della vita, Edizioni Pulcinoelefante, copie 33, Osnago 2016

Piero Viotto, 2016

Premessa a Sulla soglia della trasparenza

(…) Già il titolo che l’Autrice ha voluto dare a questo poemetto, Sulla soglia della trasparenza, indica il senso della sua ricerca e del suo operare nel campo della poesia e dell’arte per cogliere nella bellezza della natura, percepita ed ammirata “sulle foglie bagnate”, in “ogni apice d’erba”, sul “fremito dell’ala”, nei “moti d’aria lievi”, in  “ogni angolo di muraglia”  i segni di una  “sacralità naturale”, cosciente di “stare sempre tra sacro e profano, in lotta per non essere intera, nell’uno e nell’altro”, perché la poesia ci avvicina all’Assoluto, ma lo coglie solo in trasparenza, perché Dio ci parla attraverso le cose, ma è oltre le cose, che pure lo significano nella poesia, che rimane sulla soglia della religione. (…) Silvia Venuti, in questo poemetto ci fa comprendere come la bellezza della natura altro non è che un riflesso della Bellezza di Dio, che ci parla (…). Pur immersi nel tempo,   nel travaglio  del succedersi  dei giorni e delle stagioni, pur condizionati dalle contingenze della corporalità nello spazio, scopriamo, nel silenzio e nella solitudine, l’amore di Qualcuno che non è solo il Creatore della natura, ma è un Padre per ciascuno di noi; allora il testo poetico, senza nemmeno che ci si accorga o che lo si voglia, diventa, in chi l’ha generato e in chi ne fruisce, una preghiera.

Paola Lucarini, 2017

Motivazione Premio Camaiore 2017, 29° Edizione 2017, sezione poesia edita

Già dal titolo dell’opera “Sulla soglia della trasparenza” mirabilmente intonato al contenuto del testo, l’Autrice, Silvia Venuti, allude alla evidente trasparenza che illumina la soglia tra due mondi, l’aldilà e l’aldiquà, tra visibile e invisibile, che si rimandano a specchio scambievoli riflessi nell’avventura e nel segno del misterioso incontro, atteso dall’anima di chi incessantemente cerca l’Assoluto.
Nella dimensione del silenzio, nell’estasi contemplativa innocente e sapiente entro il cerchio del regno naturale, attraverso il dinamismo della storia personale e universale, coinvolgente e corale, la poetessa si congiunge alla vita primaria perduta e ritrovata, così sanando la celeste ferita della apparente distanza fra i diversi stati dell’essere, il prima, il poi, il futuro in un tempo che tuttavia si manifesta circolare per bagliori intermittenti di comunicazione profonda. Concetto che si evince dal pensiero dell’Autrice: “Cucire con fili di luce/ il farsi dell’anima” – e, ancora: “Cercatori di luce,/ in desiderio di luce,/ abitiamo, noi pure, / l’attesa/ d’essere illuminati”.
Si attinge infatti invincibile vitalità a contatto diretto con le  forze della natura, con le visioni suggestive di un paesaggio che ci emoziona, ispirato dalla mente di Dio: “Alimenta il mondo/ questo amore divino quotidiano” nella speranza di (parole dell’Autrice) ”Cogliere la misura semplice/ della propria felicità” fino alla rivelazione: “Ogni momento è scoperta/ su cui creare improvvisa felicità”.
La poesia di Silvia Venuti rimanda a un ascolto delicato e attento, al soffio leggero dell’aria che respira l’impalpabile, ma ti penetra con vibrazioni che si fanno sensazioni d’infinito, nella realtà e nel disegno di una inesauribile aspettativa di Verità e di Bellezza.
Quella Bellezza – lei dice – “che non ha paura del mondo”.

Sandro Angelucci, 2017

Motivazione Premio Abano Terme, 12° Edizione 2017, sezione poesia edita

“Le bellezze visibili sono immagini della bellezza invisibile, profumi sensibili tipi di favori spirituali, le luci materiali immagini di una immateriale elargizione di luce”. La citazione – di Dionigi l’Areopagita – in testa alla raccolta rimanda al titolo: Sulla soglia della trasparenza; è tutto lì, nel mantenersi in perfetto equilibrio, nel permettere all’anima di vivere l’incanto perché l’approdo alla sacralità della Natura ci consenta il colloquio con Chi – come umanissimamente scrive Piero Viotto – “ci parla attraverso le cose, ma è oltre le cose”. Il divino si specchia nello sguardo della Venuti e legge, negli occhi che contemplano la bellezza, se stesso e il ringraziamento più sincero che è dovuto alla vita.

Pierangela Rossi, 2017

Avvenire, 24, 05, 2017

Un’immensa meraviglia percorre le pagine di Silvia Venuti, di Varese, poeta di lungo corso, militante in nome della poesia. Divisa tra lo sguardo e il cuore,la sapienza e la carne,la meditazione e l’osservazione questa raccolta è un viaggio interno-esterno che è la cifra stilistica, il quid originale del libro. Così ciò che conta in questo volume, più che le pur numerose “occasioni” sono le meditazioni. Sebbene alcune osservazioni siano perle rare, c’è molta meditazione senza “occasioni”. E il dettato limpido e pensato, il secretum cordis di Silvia Venuti, è frutto succoso di una lunga, macerata meditazione.(…)

Mario Chiodetti, 2017

Lombardia Oggi 10, 02, 2017

(…) Sulla soglia della trasparenza somiglia ad una cerimonia lustrale in cui purificare l’inconscio e “cogliere la misura semplice della nostra felicità”, anche soltanto osservando il cielo o lo sbocciare di una rosa. La delicatezza dei versi della poetessa e pittrice, già autrice di diverse raccolte e protagonista di mostre personali in varie parti d’Italia, ci dimostra l’esistenza di un tempo altro, quello della quiete e della memoria, della salvezza e della fede, del rispetto per le creature che ci stanno accanto. Forse sono proprio loro gli angeli di cui abbiamo bisogno e ai quali dobbiamo avvicinarci fino a compenetrarci con il loro sentimento, perché “basta un colore o una forma/ a farmi trasalire/ perché io non sia più io/ ma forma, colore”. Silvia ci dimostra come possiamo a nostra volta trasformarci in angeli, dimenticando la materia spesso scadente della vita e ricercando la dimensione spirituale, attraverso la contemplazione della bellezza e il placarsi delle passioni, perché la vera gioia è raggiungibile solamente attraverso la semplicità.

Franco Manzoni, 2017

LA LETTURA, Corriere della Sera, 12, 03, 2017

Poesia come mezzo per avvicinarsi alla conoscenza, cercando l’assoluto della bellezza della Natura.
Tra silenzi di meditazione e tripudi di suoni e colori Silvia Venuti si pone all’ingresso della strada che conduce al sacro nella silloge Sulla soglia della trasparenza. Nata a Varese, poetessa e artista visiva, sulle tracce di Ungaretti e Luzi l’autrice affronta l’inquietudine del caos d’oggi con la certezza di una luce salvifica.

Nazario Pardini, 2017

sito Alla volta di Leucade, 7, 04, 2017

Mi piace iniziare questa mia esegesi aiutandomi con il riferimento ad uno scritto che già avevo avuto occasione di stilare sulla poesia della Venuti:
“… E il tutto si snocciola su un piano metaforico unisono e compatto, delicato e morbido,  disposto ad aiutare e a invigorire il significato del poièin con un significante tecnico-figurato di spessore. E d’altronde se la Nostra riesce ad avere nel cuore una  mimosa piena di vento, o se riesce a pensare a un vento alto nei rami a portare in alto pensieri e sentimenti, o se riesce a vedere montagne che si vestono d’alba, o tristezze  mute che si appoggiano sui colori e al suolo, è segno evidente che sa fare della parola un congegno talmente duttile, flessibile, ed anche ultra/sintattico, da raggiungere le vette brillanti verso cui si proietta il pensiero.  E non sempre, come sappiamo, la parola è sufficiente a rivestire gli intenti emozionali  che tendono a sradicarsi dalla caducità degli autunni…”
Riportare questo lacerto significa tracciare quella continuità emotivo-strutturale che alimenta il canto della Nostra: una ricerca attenta e scrupolosa  in una simbiotica combinazione con parvenze a cui affida tutta se stessa per una verità che sa cogliere nella natura, nei lampi di luce, nei suoi travagli simbolici, ma soprattutto nelle voci allegoriche che tanto sanno di vita (…).
Un silenzio meditativo, un raccoglimento esistenziale, e un abbraccio alla Bellezza come ad mundi verum. (…)

Sandro Angelucci, 2017

sito Alla volta di Leucade, 1, 11, 2017

(…) Sulla soglia della trasparenza non è un libro facile, nel senso che, al fruitore, sono richiesti approcci contemplativi in grado di tenersi a debita distanza sia dagli schemi filosofici sia dal peculiare e classico modo di comprendere la comunicazione poetica.
Se, però, ci si sforzerà di restare in equilibrio; voglio dire: se non si avrà la pretesa di dover necessariamente scegliere o – peggio – capire, in ogni pagina sfogliata si rinverrà un’illuminazione, un’epifania che immancabilmente ci farà intendere che questa scrittura si mette in autentica e diretta relazione con la sfera spirituale del nostro conoscere e del nostro sentire.
Leggiamo – a titolo d’esempio – il distico incipitario di pag. 80: “E la contemplazione / è già ringraziamento”, scrive Silvia; come ad assumersi la responsabilità del meditare.
Esattamente: dare nerbo alle proprie convinzioni, essere certi che scrutare oltre le apparenze è già, di se stesso, un atto di fede – il più alto, perché non mediato, non condizionato – è il primo, fondamentale passo verso la pienezza coscienziale dello stare al mondo; del nostro, soltanto nostro, modo di volerci essere. (…)

Franco Campegiani, 2017

sito Alla volta di Leucade, 13, 11, 2017

Un centinaio di brevi liriche che esplodono sulla pagina come improvvise rivelazioni, quasi motti sapienziali che guizzano come polle d’acqua sorgiva. Parliamo di “Sulla soglia della trasparenza”, di Silvia Venuti (Interlinea Edizioni 2016): un arioso rosario, non di preghiere ma di canti, che si eleva al cielo con purissimo sentimento del sacro. Un canto di fede sciolto da ogni fideismo, da ogni ipse dixit, da ogni riferimento confessionale, dove le parole non sono formule magiche, preci appunto da ripetere a pappagallo, bensì moti sorgivi dell’anima partecipe delle sinfonie universali. Fede dunque come macerazione interiore, come esperienza diretta e di prima mano, come rapimento estatico, ma anche come interrogazione profonda, desiderio di capire a livello razionale. Fede che si alimenta del dubbio, pertanto, così come è vero il contrario.
Nella poesia di Silvia Venuti è sicuramente rintracciabile la lezione dell’ermetismo, soprattutto ungarettiano, e tuttavia sento di poter dire che la stagione del Simbolismo appare superata. Superate sono le atmosfere solipsistiche di cui quella poetica e quella visione si nutre. Svaniti sono i colori lividi e tetri della chiusura del mondo negli angusti limiti dell’universo umano. La solitudine, come abbiamo visto, si scioglie e l’intelletto si apre alle armonie celesti, alle sinfonie naturali e universali. L’ariosità, la levità, l’azzurrità di questi versi chiamano in causa molto spesso la spiritualità tutta orientale ed il misticismo naturalistico degli haiku.

Sandro Gros Pietro, 2018

Motivazione Premio Letterario Nazionale Metropoli di Torino 2018. 3° Classificata

L’essenzialità della parola nomina e descrive nella poesia di Silvia Venuti l’intero orizzonte degli eventi della vita umana che sembra transumanare nella visione luminosa di un assoluto superiore, in cui la città degli uomini e la creazione dell’universo divengono l’afflato di una presenza divina, di un ordine direzionato e acclarato delle cose, delle creature e degli accadimenti. Il linguaggio adottato è un predicato poetico delle metafore metafisiche, sulla linea di confine della teosofia.

Giancarlo Pontiggia, 2020

Presentazione di Contemplazioni

Come ben dicono già i titoli delle sue raccolte poetiche, Silvia Venuti si muove in pittura come in poesia ispirandosi al mondo della natura, sentita come via verso la trascendenza e la spiritualità. Contemplazioni ha inizio infatti con un’epigrafe del poeta indiano Gibran: «Bellezza è eternità che si contempla in uno specchio. / Ma voi siete l’eternità e siete lo specchio». Divisa in tre parti, la raccolta si muove a spirale verso una forma di conoscenza sempre più alta: la prima rappresenta una visione della realtà filtrata attraverso la meditazione; nella seconda il dato sensibile spalanca le porte del mondo interiore; nella terza si procede «oltre lo sguardo interiore», lungo la via di un vero cammino di spiritualità e di verità. Ogni poesia cerca il dato sublime nell’estremo della semplicità e della misura, mirando all’immediatezza espressiva e alla comunicazione diretta con il lettore. Una poesia rivolta a chi crede nella bellezza del mondo, nella verità dell’uomo, nella forza disvelatrice della parola.

Copertina Contemplazioni di Silvia Venuti

Carmelo Mezzasalma, 2020

Postfazione di Contemplazioni (Estratto)

Contemplare, in effetti, è un termine squisitamente spirituale e indica un guardare a lungo con stupore e ammirazione, mentre è composto di due parole cum e templum, là dove cum suggerisce simultaneità e contemporaneità, comunanza e unione, e templum quello spazio celeste, circoscritto dal cielo abbracciato dallo sguardo oppure tempio consacrato ad una divinità. Insieme le due parole assumerebbero il significato di abitare questo spazio celeste o tempio divino che è, possibilmente, anche il viaggio interiore nell’immaginario della natura e della bellezza della vita umana, qui e ora, ma per tentare il salto verso l’infinito di Dio. Come nel caso di questa poesia di Silvia Venuti che fa dell’ascolto il perno della sua parola, umile ma accesa di senso profondo e vitale. Qualcosa, in fondo, di molto diverso e di opposto ad un facile panteismo di maniera. In realtà, Contemplazioni di questa nostra poetessa, – che è, tra l’altro, una finissima artista della trasparenza della materia -, ha un suo preciso messaggio, etico ed esistenziale, verso il suo lettore fino a diventare un sommesso e vibrante invito a privilegiare la sua interiorità rispetto al sordo rumore delle cronache del nostro tempo e del nostro vivere, convulso e frammentato. Anche se non facile, a ben vedere, da racchiudere nei pochi tratti di una semplice presentazione.
In ogni caso, la nostra distanza dalla natura è ormai così profonda, – sembra dirci la parola poetica di Silvia Venuti -, che non siamo più in grado di gustare cose tanto facili, eppure ricche di simbologia interiore, come ascoltare il battito nascosto di un giardino, dei suoi fiori e degli alberi o sentire il murmure dell’acqua per accarezzare quella vita indifesa e immensa che si avvicina a noi, giorno dopo giorno. Come se la poesia stessa, custodita nell’umiltà e nel fervore delle foglie di una semplice vigna, della luce e del colore di un fiore al suo discreto apparire, perfino di una  lontana montagna, fosse un richiamo, accattivante e insistente, dello sguardo verso Dio e al contempo sguardo di Dio verso il nostro sentire e interrogarci: “ Il fascino di un giardino / vive del non sapere / ove portino i sentieri / così è per l’esistenza / se non si temessero gli eventi. / Mi parla la vigna / i suoi rami scuri legati / mi fanno strada con l’autunno / in un intimo ascolto”. O ancora : “ Le cose stanno tutte in silenzio / aspettano che io senta / il respiro degli Angeli. / E Angeli si fanno gli alberi e le rose / nella trasparenza dell’essenza pura / della vita e dello spirito”.
Di fatto, il felice azzardo di questa poesia di Silvia Venuti è proprio la scoperta di quella devozione dell’anima, anche attraverso la natura e le sue manifestazioni di vita, alla ricerca struggente della sua “patria” e contro un mondo alienato, come notava molto tempo fa James Hillman, commentando una celebre poesia di Keats, Ad un usignolo. E la parola “devozione” indica subito zelo e incantesimo non solo per il sacro o il religioso, ma anche per la vita quotidiana, per la persona amata, per il fare arte o poesia. Non a caso la scansione, ritmica e concentrata sull’essenziale, di questa poesia di Silvia Venuti sembra evocare un “a solo” musicale, quasi un flauto che ama perdersi in lontananze remote,  come l’eco di una preghiera, perché proprio nella musicalità consiste il potere simbolico della parola poetica. Così, Contemplazioni delinea in tre parti un itinerario di risonanze interiori che, nel silenzio vibrante della natura,  accendono la sensibilità della parola e del cuore che ascolta e si ascolta, poi il movimento della meditazione sapienziale e lucidamente interiorizzata – “ Certo è il volo alto che salva dalla costrizione / come quello della rosa sbocciata all’improvviso / o dell’usignolo il primo canto. / Salva dal dolore della forma che precede / libera nello spazio tutta la bellezza possibile.” -, infine il cammino dello sguardo e dell’intero corpo verso l’infinito di Dio, l’essenziale delle cose e del sentire, che strappa alla parola poetica il grido improvviso della libertà interiore e sovrana: “ E’ un credere e un non credere, / un fluttuare continuo di emozioni, / sentimenti, invocazioni. / Poi un segno evidente chiaro inaspettato / indica la via, sostiene nel cammino. / E’ lasciare spazio all’amore degli Angeli”.
E’ un itinerario, si direbbe, mistico dentro il movimento poetico della parola, ma badando al fatto che il mistico è colui che scopre di non poter mai smettere di camminare, come già anche il poeta. Sempre sicuro di ciò che gli manca, capisce, a livello profondo, che ogni luogo in cui passa è sempre provvisorio e che la ricerca non smette di spingerlo in avanti.

Copertina Contemplazioni di Silvia Venuti

Nazario Pardini, 2020

sito Alla volta di Leucade, 6, 04, 2020

Silvia Venuti. Una poetessa versatile, eclettica,  che fa della vita e della realtà che la circonda  motivo di meditazione per una pace sconfinata nella resa del pensiero: “la disarmante innocenza della Natura/ nel suo inno alla libertà”. Sta qui il primo passo da fare nella lettura dei suoi eufonici versi. D’altronde è la  Natura stessa che coi suoi policromi giochi dipinge gli stati d’animo, i momenti essenziali del suo esser-ci. Ut pictura poesis, ci dice Orazio, e ce lo conferma la poetessa.
Contemplazioni il titolo della plaquette, che divisa in  tre parti (A occhi aperti, A palpebre socchiuse, Oltre lo sguardo interiore), attraverso un climax ascensionale, si eleva alla sublimazione, partendo dalle cose reali, di naturistico richiamo: “C’era come una festa nell’aria”, “Lama di luce a mezzo dell’acqua”, “Oh lago colmo e lento d’acque”…., “Sta nevicando”,…., “Oh alberi verdi dei boschi”, “Mi dicono i fiori”, “Mi parla il mare”. Sembra che la natura parli, dialoghi con la poetessa e che lei attratta dai suoi richiami si faccia portare a spasso, libera,   nei silenzi, nella voce dei venti, negli spazi infiniti del mare, nel ritmo costante della bàttima, o all’ombra delle foglie. È qui che la Venuti respira e  medita, che completa l’armonia del suo essere: vita, amore; amore e pace; pace e silenzio; silenzio e bisbigli di pioggia; bisbigli e fascini di giardino. La Nostra è presa, è posseduta dagli effluvi, dalla bellezza, dai cori immaginari, dalle recondite armonie, dagli amorosi sensi, e con tutta l’anima, gioca la carta della simbiosi, della metamorfica trasfusione dannunziana: “Contemplare/ la trasparenza/ di una foglia/ o la luce della pioggia/ che cade/ è ritrovare il coraggio/ di vivere/ e ancora d’amare”. Un vero connubio tra esistere e vedere; tra vedere e osservare; tra osservare e rapire; tra rapire e concedersi alla qualità della luce sempre diversa, al sole che colora il prato, al rosa delle rose che s’annida nel verde: “Si crede fino in fondo nel presente/ eppure tutto è destinato a perire/ ma quella fede concede di godere/ il vento caldo della vita./ S’annida nel verde il rosa delle rose”. Si sa, siamo umani, e in quanto tali, coscienti della vita e della morte. Ed è  proprio nel confronto con l’infinito, con la Bellezza suprema, che ci sentiamo disarmati, anche se la Nostra vi trova la forza della vita, della rigenerazione: “La rosa rosa/ da poco fiorita/ in un unico fiore/ mi reca in dono/ a rami aperti/ la sua Bellezza”. Una incipiente paronomasia di grande effetto, che chiama i sensi tutti, in un trascinamento naturistico-contemplativo.   E anche se la poetessa si duole al pensiero dei fiori feriti nei giardini del cuore: “… La grandine bianca/ ha infierito/ tempesta sui petali./ La sua ferocia ha lasciato/ coltre di ghiaccio,/ rubato profumi,/ strappato germogli./ Questa violenza/ è  simile al dolore dell’uomo/ all’abbandono/ di fede e speranza”, ciò no toglie che trovi il vero cammino spirituale proprio quando si sente smarrita e sola: “Smarriti e soli a volte ci si sente/ nel cuore dell’esistere/ ma l’amore donato e ricevuto,/ gli Angeli i Santi le care Anime ascese/ fanno comprendere con segreti segni/ come si sia nel giusto/ nel vero cammino spirituale”. Tutto è gloria, ascensione, verticalità epifanica; e tutto si offre alla grandezza dello spirito che richiama in soccorso le anime ascese. I versi si fanno apodittici, brevi, conclusivi, secchi per eguagliare gli input emotivi che guizzano  come lampi. Una vera meditazione estatica, un vero elan verso l’azzurrità, partendo da una pluralità panica che, col suo metamorfismo, col suo antropomorfismo significante, conclude: “L’aver attraversato/ è onore a chi non può volgere indietro”.

Copertina Contemplazioni di Silvia Venuti

Anna Maria Tamburini, 2020

Ascoltando con gli occhi.
Rivista Feeria, n.58, 2020/ 2, Bagno a Ripoli (Firenze)

(…)Così la poesia ci conduce di grado in grado dalla bellezza della natura intorno, alla meditazione della bellezza, sino al cuore delle cose e degli affetti, offrendoci un approccio al reale che oltrepassa la dimensione della fisicità perché le forme, pur amandole e anzi perché amate, alludono ad altro… Con grazia e levità la trama allusiva del discorso dal paesaggio naturale trapassa al paesaggio interiore nella direzione dal reale al simbolico ed è un discorso amoroso che dal grande libro della creazione volge al cuore della realtà sino a quella realtà meno visibile ma non meno “adesiva” che è l’interiorità dell’uomo: «È strano che la cosa più intangibile sia la più adesiva», faceva notare Emily Dickinson. Si avverte inoltre una calma interiore capace di trattenere la gioia dei momenti di grazia e incanto in un rapporto sapienziale con le circostanze e le vicende. (…).

C’era come una festa nell’aria / per quello straripare di luce / sulle foglie e sull’acqua. / Una tenerezza lieta accompagna / ora il declinare del sole. / Il solco da me tracciato è lieve / avrei voluto fosse profondo / fino a toccare le radici / degli alberi più antichi. Nel giro di qualche verso s’illumina con immediatezza la sottintesa similitudine di giornata e vita: un’aria di festa riguarda un tempo iniziale espresso al passato, ma imperfetto, e dunque non concluso; e in quel clima gioioso alla luce abbacinante si attribuisce un verbo d’acqua: uno straripare. Poi in breve quella traboccante luce, che si percepisce mobile – si posa sulle foglie (simbolo della caducità) e sull’acqua (superficie liquida) – , converge sul tramonto, che connota il presente, ma nella tenerezza. Dunque una festosità riguarda il mattino, o l’alba della propria esistenza; e una tenerezza lieta accompagna ora il tramonto. Appena nove versi tracciano il senso di un intero vissuto, tra presente e condizionale del desiderio che, dopo gli elementi aria e fuoco e acqua, una metafora di terra (il solco) affonda nel senso dello spazio. Così, da uno scorcio spaziale attraverso un’ immagine di sapiente sintesi –  avrei voluto fosse profondo / fino a toccare le radici / degli alberi più antichi – si attinge a una vertiginosa dimensione temporale, assai più remota del primo imperfetto.

Tutto vibra d’aria e acqua e luce. Tutto si trasfigura ma nella visione calma, non eterea, di uno stare al mondo con consapevolezza e responsabilità: a una formula anaforica di puro stupore – Hanno ancora coraggio di fiorire gli alberi! – che si ripete tre volte, si alternano le parole che insistentemente, a coppie, riconducono al coraggio umano: bellezza e amore, arte e poesia, speranza e fedeltà a natura, sino, infine, a sogno, vita, mistero sono coraggio!

Al mezzo tra i pittori d’icone e i maestri en plein air, Silvia Venuti, non a caso anche artista, dipinge i sui testi prediligendo il paesaggio lacustre, che è forse quello più familiare, ma anche punto felice d’osservazione della realtà, a ogni ora del giorno, in ogni condizione climatica…, il più duttile allo studio della luce, fisica e metafisica…

Copertina Contemplazioni di Silvia Venuti

Maria Grazia Ferraris, 2020

Sito Alla volta di Leucade, 07,07,2020

Il suo ultimo libro di poesie Contemplazioni, edito da Moretti e Vitali è la riconferma del suo solido genio poetico che ben si accompagna con la sua originale pittura, così come è sottolineatura e dispiegamento di quell’itinerario spirituale-religioso che la poetessa va compiendo da anni, in poesia ed in pittura, e che di opera in opera sempre più si avvicina al tema alto della trascendenza cui il suo spirito anelante e mai pago vuol giungere, come dimostra la scansione dell’ampia silloge strutturata in tre parti, in un climax ascendente: A occhi aperti, A palpebre socchiuse, Oltre lo sguardo interiore. (…) La natura in primis è protagonista, la guida che le permette di non mai debordare, luoghi ben riconoscibili nella nostra quotidianità lombarda, immersi nel paesaggio verde e lacustre in cui Silvia vive: “Oh lago calmo e lento d’acque/ nel silenzio della sera./ In attesa c’è chi sosta/ e mira senza impaccio./ S’attarda? Sogna? Ricorda?/ Oh lago di tutti!..” “Come silenziose  stanno/ le barche in attesa!/ Ascoltano l’onda che passa/ e narra storie antiche…” “Il ritmo dell’onda/ s’annida nel mio cuore/ e una pace naturale/ sfugge il pensiero e la parola…”, ed il giardino fascinoso, che gronda verde, e apre al tema miracoloso della Bellezza:“ La rosa rosa,/ da poco fiorita/ in un unico fiore/ mi reca in dono/a rami aperti la sua Bellezza”. “Ombrose radure, assolati pendii,/ abeti, arbusti, carici./ L’aria pura filtra tra i rami,/ corre sui prati in tersa visione/ il mio sguardo.” Uno sguardo che è contemplazione nel silenzio: “Contemplare/ la trasparenza/ di una foglia/ o la luce della pioggia/ che cade/ è ritrovare il coraggio/ di vivere/ e ancora d’amare.” Non si deve lasciare il mondo senza il proprio sguardo d’amore, senza luce, nella solitudine disperante, ci dice convinta la poetessa. “Bellezza è coraggio, amore è coraggio, arte è coraggio, poesia è coraggio… speranza è coraggio, fedeltà a natura è coraggio. Sogno, vita, mistero sono coraggio!” e richiedono un cuore nuovo e capacità di sublimazione. Un grandioso canto di fiducia, d’amore e di tensione spirituale, un senso del sacro che immerge ogni cosa e sfugge a ogni dimensione riduttiva confessionalistica. (…)

Copertina Contemplazioni di Silvia Venuti

Chicca Morone, 2020

Sito Odissea, 18, 08, 2020

(…) Sono sempre gli Angeli, i Santi, le anime care ascese a dare “un segno evidente chiaro inaspettato”, a indicare la via, a sostenere nel cammino; è l’intuizione umana a percepire quella voce nell’interiorità che fa “di ogni vicolo cieco/una semplice tappa per trovare/se stessi nel cammino”.

Infine la sezione definita “Oltre lo sguardo interiore” spalanca la porta sull’incontro con “Dio/la legge universale/e l’unità di ogni cosa” nell’indicare la radice del cuore come luogo privilegiato, dove immanenza e trascendenza si fondono nel simbolo – non solo cristiano – della croce.

Si può dire che tutta la silloge sia un giardino fiorito, un hortus conclusus che circonda il cuore della poetessa, dove – metaforicamente – erbe medicinali e intimità di segreti pensieri si amalgamano perfettamente rendendo il testo profumato di semplice verità, in un ondeggiare di rami e fiori, mossi solo da una lieve brezza.(…)

Copertina Contemplazioni di Silvia Venuti

Maria Rizzi, 2020

Sito Alla volta di Leucade, 03, 08, 2020

(…) Le liriche della prima parte della Silloge, brevi e senza titolo, solcano il mare e il lago ‘calmo e lento d’acque’ e sono velieri di perfezione stilistica, di genio creativo, di viaggi nella luminosa metafora di condurre “tutta la speranza del mondo / nel respiro lungo dell’onda”.

Silvia Venuti concentra in pochi versi dubbi, domande, prese di coscienza e meditazioni sulla conoscenza, sugli strumenti che possediamo per osservare in modo approfondito la natura e per imparare ad ascoltarla, a comprendere tramite le sue note il canto delle stagioni terrene che siamo chiamati a fronteggiare. Le Poesie sono caratterizzate da un timbro interno, categoria ignorata dall’estetica classica, che tramite le accortezze semantiche evoca sensazioni e stati d’animo, e dalla voce soave dell’Autrice, modulata con cura. Ogni parola sembra porcellana. (…) L’eternità supera i confini dell’esistenza ed è finalizzata al concetto di ascesa perseguito nell’Opera, che si prefigge l’elevazione alla spiritualità e alla verità. Tra le note della Natura l’Autrice ascolta il lieve faticoso fruscio del vento tra le fronde: “L’ombra delle foglie  svela / una verità infinita / io e tutte le creature impariamo / in questo assoluto”. (…) Scorrendo le liriche ho l’impressione di essere su un aliante in un volo pieno di vuoti d’aria. Desidererei possedere la luce che la Poetessa divide con il mondo, che le rende possibile accedere alle verità e ai misteri della vita. Silvia è letteralmente cucita nel tessuto della Natura e ritiene la bellezza di quest’ultima un atto di coraggio.‘L’Arte, la Poesia sono coraggi’ e, di conseguenza, ogni moto umano rappresenta una forma di coraggio. La contemplazione dell’Autrice, quindi, lungi dall’essere un atto passivo, è spinta vitalistica, atto partecipativo.  Ciò non toglie che nulla è più congeniale alla mente della limpida prospettiva della Natura. Rappresenta lo spartito per leggere l’esperienza, armonizza lo spirito, gli dà respiro e depura l’anima. Accogliere i messaggi luminosi e coraggiosi di essa rappresenta il cammino ideale per perseguire lo stato mistico, libero ed equilibrato che Silvia definisce ‘estasi’.A latere di tale appercezione ai limiti dell’intelletto, le liriche , che non danno brividi, sono brividi, mostrano quanto la Poetessa sia consapevole che i sogni sono di passaggio, creano uno scenario sul quale incollare le loro immagini e scivolano via. Il vero è nell’esperienza., che etimologicamente significa tentare, mettere alla prova. Non a caso ha la stessa radice di pericolo e quindi possiede una natura polivalente, implica apertura ed esposizione al rischio. La storia di ogni vita. La verità resta alle spalle ‘fino al Risveglio’. (…) La terza sezione della Silloge presuppone un viaggio oltre lo sguardo interiore, un tragitto che presume di tenersi avvinti all’anima dell’Autrice, che è maestra di condivisione. Si racconta, si svuota in amore, seminando perle che appartengono a tutti e che dovremmo infilare nelle collane delle nostre esistenze: “Quante volte ho ricominciato./ Quante volte gli Angeli,./ le anime ascese./.mi hanno ripreso per mano”. Commovente e verissimo il contenuto di questa lirica che riporta alla fede e alla convinzione che gli amori saliti al cielo mantengono una residenza fissa accanto a noi. Sono gli Angeli che ci assistono nei momenti duri, che ci portano in braccio se siamo provati, che accarezzano i bimbi, di notte, con carezza d’ali. E Silvia sottolinea, con una lezione d’amore immensa quanto il tempo possa suturare le storie: “E poi si dimentica / il male fatto e ricevuto. /.Quando gli anni diventano / sempre più brevi”. Asserisce che si dimentica anche il bene ma, vista la verticalità del progetto concepito, il valore del ‘dimenticare’ acquisisce altro senso. “Il sentire s’eleva su velate verità spirituali”che consentono di “alzarsi sulle punte / per cercare di volare”.Leggendo i versi di questo soave cantico mi sono resa conto che spesso preferiamo ignorare la verità. Per non soffrire. Per non guarire. Per non correre il rischio di diventare come temiamo di essere: completamente vivi. E nel chiudere la Silloge “Contemplazioni” ho riflettuto sul fatto che i testi che lasciano senza fiato sono quelli che, una volta terminati, ti spingono a sognare di conoscerne l’Autore / Autrice, di considerarlo un amico /a importante, per sapere che è parte palpitante della tua esistenza e non ne uscirà mai.

Copertina Contemplazioni di Silvia Venuti

Giuliano Ladolfi, 2020

Contemplare / la trasparenza / di una foglia / o la luce della pioggia
Lettera del 17,07, 2020

I testi presentano momenti di meditazione sull’esistenza (“Lama di luce /…/ come anima al centro dell’Essere”), in cui la realtà diventa metafora di un oltre, la quale aiuta a scoprire anche ciò che non è (“C’è arte in quell’equilibrio stabile / che illude il riflesso / sull’immobilità del tempo”) e ciò che è sconosciuto (“Il fascino di un giardino / vive del non sapere”).

I momenti di attesa (“si fa vivida la luce”) e di ascolto (“Mi parla il mare”) si tramutano in “contemplazioni” sempre vivide e affascinanti (“l’eco lontana del fondo”; “la qualità della luce è sempre diversa”). Anche le apparenze cadono (“Il salotto elegante / per gli ospiti di riguardo / è stato silente ad aspettare”) “oltre lo sguardo interiore”.

Ecco il segreto di questa armonia :“Amore è quella luce / che nel buio ti guida / fa lieve il dolore / porta festa nel cuore”, e proprio l’amore permette negli “anni più brevi” “nuovi intendimenti che nell’animo sensibile della scrittrice diventano poesia.

Copertina Contemplazioni di Silvia Venuti

Franco Campegiani, 2021

Rivista ‘Il Porticciolo’, Anno XIV, N.3. settembre 2021, pag.185

Questa nuova silloge di Silvia Venuti (Contemplazioni, Moretti & Vitali 2020) si apre con un esergo di Kahlil Gibran che vale una prefazione: “Bellezza è eternità che si contempla in uno specchio. Ma voi siete l’eternità e siete lo specchio”. Tutto ciò collima e fa pendant con la citazione di Mastro Eckart riportata da Carmelo Mezzasalma in postfazione: “Lo sguardo con cui vedo Dio è lo stesso sguardo con cui Dio mi vede: il mio sguardo e quello di Dio sono un unico sguardo, un’unica visione, una stessa conoscenza d’amore”. Gli fa eco la nota terzina dantesca, dove, sul finire del XXXIII canto del Paradiso, l’autore del viaggio ultraterreno riceve la visione divina: “Dentro da sé, del suo colore stesso / mi parve pinta de la nostra effige / perché ‘l mio viso in lei tutto era messo”. Dio non è l’uomo, ma vive nell’uomo, nella sua coscienza profonda. (…) Essere o conoscere se stessi equivale pertanto a sintonizzarsi con Lui. E ha ragione Mezzasalma nel dire che “la nostra vita resta incompleta se dopo aver creato case o anche templi, non ci costruiamo quel giardino dell’anima il cui sentiero nascosto ci porta verso il divino”. L’autrice conferma: “Arrivare alla radice del cuore / è incontrare Dio, l’Infinito, / la Legge universale / e l’Unità di ogni cosa”. E ancora: “Se cerchi te stesso, lo trovi qui, / sulla riva del Tempo, / quando la Natura si rivela immortale”. E’ camminando dentro noi stessi, come pure nella circostante Natura, che possiamo incamminarci concretamente verso l’ineffabile Dio, senza tante e perigliose elucubrazioni mentali. Ed è forse più utile cercarlo qui che nei grandi Magisteri: “Sono morti tutti. / Si, i Maestri, i grandi Illuminati, gli Eroi, / tutti coloro che onorarono Dio, / ma la Natura, entro e fuori di noi, / ancora insegna, è guida perenne / al sacro, al divino”. (…) Ciò che conta è avvertire il palpito divino dentro se stessi e nelle creature che ci respirano intorno, come splendidamente fa Silvia Venuti in quest’opera davvero ispirata. Sono meditazioni, tra l’altro, che non sgorgano nei templi costruiti dall’uomo, bensì nella Natura, nel Tempio direttamente da Lui creato: “C’era come una festa nell’aria / per quello straripare di luce / sulle foglie e sull’acqua”. Una pienezza di doni che spinge necessariamente l’uomo ad esserne degno: “Per dare senso alla giornata / a sera ho pregato / perché nulla andasse perduto / ma tutto donato, / come sacra essenza di sé, / all’infinito”. E se alla gloria del giorno dovesse invece seguire la delusione della sera, l’occasione è propizia per un’autoanalisi impietosa che porti a giudicare l’operato del giorno: “avrei voluto fosse profondo / fino a toccare le radici / degli alberi più antichi”. (…).

Copertina Contemplazioni di Silvia Venuti

Paolo Ruffilli, 2021

Motivazione Premio di Poesia Etruria

Una poesia sospesa tra la natura, con i suoi elementi vivi e la parola immaginosa e concreta ispirata dal naturale spirito religioso che aleggia dentro il mondo. Le poesie di Silvia Venuti tendono a significare una reciproca compenetrazione tra mondo umano e naturale. E lo fanno con una misura precisa, secondo un passo e secondo moduli che possiamo definire della messa a fuoco più nitida. Così che temi di vasta portata, e di costante implicazione esistenziale, si fissano in componimenti pieni di luce e di colori. I versi netti e rigorosi ci immettono, ogni volta di incanto, in una dimensione autoriflessiva che quasi inavvertitamente si interroga sul mistero delle cose e sul significato della vita mentre ne subisce il fascino.

Copertina Contemplazioni di Silvia Venuti

Arianna Galli, 2021

Meditare suoni.
Studi Cattolici, numero 730, dicembre 2021

Bellezza è eternità che si contempla in uno specchio. Ma voi siete l’eternità e siete lo specchio.

Con questo splendido aforisma del poeta di lingua araba Kahlil Gibran si apre questa delicatissima e meravigliosa nuova raccolta poetica della pittrice e poetessa Silvia Venuti: Contemplazioni.

Nella prima sezione, Occhi aperti, l’io lirico osserva il mondo della Terra, dipingendo le sue immagini: immagini di una Natura che canta con la luce, in cui anche solo l’ombra delle foglie svela una verità infinità.

Le parole aria, acqua, luce, solco, onda, mare si intrecciano in abbracci fonici alle parole silenzio, suono, tenerezza, trasparenza, anima, sguardo.

C’è come una festa nell’aria per quello straripare di luce sulle foglie e sull’acqua. La vita nel buio prende la misura di un canto. C’è chi amando possiede il mondo.

Con la seconda sezione, Palpebre socchiuse, inizia un nuovo percorso in equilibrio tra la luce, i colori, la superficie del mondo e l’ombra, il silenzio, la meditazione, la realtà profonda, per poi approdare all’ultima sezione, Oltre lo sguardo interiore, una ricerca infinita della verità e del senso e della bellezza dell’umano.

Si svuotano i sogni: umane proiezioni non lasciano corpi sul campo, non domandano il nostro dolore. Non chiedere: non c’è risposta. Stare nel presente come fosse un rito, il vero è alle spalle fino al risveglio.

Come nei suoi quadri, Silvia Venuti rappresenta nelle sue poesie, con una scrittura silenziosa e penetrante, una Natura viva, quasi umana, che parla, che tesse nell’aria la verità, fino a fare ascoltare, a chi la contempla, il respiro degli angeli.

Copertina Contemplazioni di Silvia Venuti

Mauro Bianchini, 2022

Sito ArteVarese, 21 marzo, 2022.

Strutturata in tre distinti tempi, con prefazione di Carmelo Mezzasalma la raccolta poetica “Contemplazioni” (Moretti & Vitali, pp.111, Euro 12)  di Silvia Venuti, rivela la necessità assoluta dello sguardo al fine di indurre nella prima parte “Ad occhi aperti” all’oggettività della vita attorno, arrivando in seguito “A palpebre socchiuse” quale intimo stacco meditativo, sino al superamento del reale che porta “Oltre lo sguardo interiore”.

Il mormorio del creato, il suo misurato fremito paiono alimentare in Silvia Venuti il desiderio di fare propria la loro essenza profonda arrivando ad inebriarsi de “La rosa rosa/da poco rifiorita/in un unico fiore/mi reca in dono/a rami aperti/la sua Bellezza”, sino a percepire il sussurrio più intimo e nascosto degli eventi naturali quando “Piove bisbigliando questa sera/e mi muove una delicata tenerezza/per le foglie e il prato”.

Poi “A palpebre socchiuse” concepire come” L’adesione del creato/ annulla domande e risposte”. Quasi a volere dare compimento e forza di quanto ha fatto proprio, Silvia Venuti muove la sua poetica “Oltre lo sguardo interiore” giungendo “Anche là dove il superfluo/ è diventato necessario/Il corpo miserando/ è in gara con la vita, con la morte/il dolore pareggia le fortune/ non c’è privilegio da sfruttare”.
Arrivando infine alla consapevolezza che “La libertà sta dove il cuore gioca/con l’istinto a essere presente”.

Le poesie di Silvia Venuti vibrano di rapimento, di concessione intima ai palpiti della natura conferendo allo sguardo il vivido compito della sintesi quale irrinunciabile necessità di incontro tra spiritualità e palpitante umanità.

Copertina Contemplazioni di Silvia Venuti

In sospeso silenzio, 2024

EIKON – Cosmopoli, Bacau, Romania