Pittura / Disegni

Il disegno ha rappresentato il mio primo accostamento al reale. Fin da piccola, cercavo di definire i particolari per capire il mondo in cui mi trovavo. Così studiavo attraverso un piacere estetico. Desideravo definire lo spazio e la coscienza che avevo di quello: l’interpretazione interpellava soprattutto l’intelletto. In seguito, la sperimentazione portò alla de-oggettivazione del segno in una gestualità sempre più autonoma dal reale fino ad approdare a dimensioni spaziali astratte. Il disegno come il percorso pittorico, negli anni Novanta, ritornò al figurativo.

Pittura / Astratta

Terminati gli studi all’Accademia di Brera, ho iniziato un periodo d’intensa ricerca personale, cercando di liberarmi da ogni schema appreso o subito, attenta alle istanze artistiche contemporanee ma anche all’analisi del mio personale sentire. Sperimentai una destrutturazione dell’immagine, partendo da forme libere che si originavano spontaneamente: i colori gettati sulla tela, stesa a terra, proponevano una filosofia dell’accadere. Desideravo che attraverso le leggi fisiche di compenetrazione e di espansione d’acqua e pigmenti si originassero immagini, a documento dell’essenza fisica stessa della vita Dopo un periodo tra l’informale e l’astrattismo surreale, la mia ricerca pittorica si concretizzò nell’action painting, per affrontare l’aspetto della casualità esistenziale e la vitalità del segno gesto. Ero affascinata dall’energia sprigionata dai lavori di Pollock, amavo quel coraggio d’affrontare la pittura come impronta del proprio slancio vitale e della propria forza. Volevo che le mie tele conservassero e diffondessero la mia stessa energia. Sono di quel periodo alcuni appunti che riporto e che furono pubblicati nel catalogo della mia prima personale alla Galleria Palmieri di Busto Arsizio, nel 1979.

Il colore deve raggiungere la cristallina purezza di un suono e la necessità della parola in poesia.

Non bisogna aver paura delle estreme conseguenze a cui si porta un linguaggio, al limite quasi di non aver più nulla da dire, perché poi c’è il senso della vita che è più forte di qualsiasi ardimento.

Dipingendo mi accorgo di voler sempre iniziare daccapo come tecnica e come colori. E’ come se in questo modo esprimessi l’ansia dell’ignoto oppure la necessità di affrontare nuove possibilità. Certo io rinnego la tecnica, la cultura, rinnego l’esperienza mia precedente (…). La fatica del lavoro nasce da quest’ansia di superamento d’ogni stadio (…). Eppure in questo metodo io mi ritrovo con maggior verità e sensazione della medesima che in altri.

Non so dove vado ma devo avere il coraggio di tentare, anche prendendo il largo senza tenermi a niente. Il logico ed il coerente si leggerà dopo.

Il mio lavoro mi fa richieste ben precise e definite in quel momento, irrepetibili: questo mi assicura l’estremo contatto con il lavoro e mi giunge quasi come una rivelazione confortante nell’attimo in cui l’intelletto spazia in una ricerca di soluzioni (…). E la tecnica, e i colori, e il resto tutto procedono a mia insaputa ed io ho coscienza di essere, il più possibile, fedele a me stessa.

In seguito, la mia ricerca approdò a rarefatte rappresentazioni di nebulosi addensamenti di particelle d’energia, realizzate con l’uso della pistola a spruzzo. Praticavo, in quegli anni, un approfondimento negli spazi psicologici e mentali, confrontando e ponendo in relazione l’esistenza umana e quella dell’Universo, il microcosmo e il macrocosmo. Giunsi, infine, alla percezione che la tecnica era più avanti della mia esperienza umana: mi sentivo come distaccata dai miei risultati espressivi, come se mi fossi ritrovata, senza rendermene conto, ad inseguire l’arte per l’arte, separandomi dalla vita. Il risultato estetico assorbiva tutto il mio fare. Era il rischio della sperimentazione come ossessione di un risultato alto a livello percettivo. Io volevo, invece, esprimere una visione complessiva del reale, unita ad un sentimento di appartenenza all’esperienza del vivere: non placare una nevrosi. Volevo stare nell’esperienza umana della condivisione del dolore e della gioia, fare un cammino di comprensione.

E’ seguito un lungo silenzio, durante il quale ho iniziato, attraverso la pratica dello Yoga e della meditazione Zen, un cammino di reintegrazione nella vita, cercando prima l’unione tra i miei diversi aspetti interiori e, quindi, con la realtà esteriore. Così, per mezzo di questo faticoso percorso verso una maggiore consapevolezza, ho attuato un recupero della figurazione; figurazione come simbolo, emblema, a cui, di recente, accompagno, anche, la parola poetica che, incontrando l’immagine, sollecita nuove emozioni e partecipa un’esperienza intima di vissuto.

Pittura / Figurativa

Il paesaggio e la natura

I miei dipinti desiderano diventare messaggeri di stati interiori, rivelatori di spiritualità. Vogliono comunicare attraverso il sentire con modalità del tutto personali da anima ad anima. Le immagini non intendono rivolgersi alla mente per intraprendere un percorso razionale, intellettuale. La mia ispirazione nasce da un’attenzione all’esperienza quotidiana che viene filtrata attraverso pause di meditazione, di contemplazione. La pratica dello yoga e la meditazione Zen hanno influenzato moltissimo il mio modo di dipingere perché mi hanno condotto ad una interiorizzazione profonda e al sentimento dell’unità, inizialmente con i diversi aspetti interiori personali, poi con l’Anima del Mondo. La pratica della pittura è meditazione, momento, cioè, in cui attraverso l’abbandono ad un’intelligenza non più personale, si rivela in immagine un sentire profondo e complesso. La mia rappresentazione non è mai solamente fisica, psicologica o concettuale è, invece, soprattutto spirituale perché s’appoggia a forme archetipe della Natura e vuole evocare il sentimento dell’Infinito spaziale e temporale. Questo mio concentrarmi nell’infinitudine consegna luci e colori particolari, spirituali appunto, suggerendo la sacralità della vita e della Natura. La ricerca dell’essenzialità estrema rientra in questa volontà di non dispersione, per cogliere i significati fondamentali con la maggiore intensità possibile. Una povertà francescana di mezzi espressivi è il veicolo per una comunicazione profonda a livelli sottili di coscienza: per cui la mia pittura non si può definire secondo criteri tradizionali astratta, figurativa, concettuale, metafisica, realistica ecc., solo si può dire di lei che è spirituale. L’effetto estetico non è perseguito dall’esterno, aggredendo la forma per piegarla a risultati espressivi e ad effetti cromatici, al contrario, l’armonia come esperienza umana, s’incarna nella forma, suggerendo il respiro naturale dell’universo. Il figurativo e l’astratto sono trascesi in vibrazione spirituale. La luce fisica diventa luce spirituale e s’espande a un livello di coscienza immediato e intuitivo. L’essenza vuole essere colta eludendo il percorso mentale e chiede d’essere percepita direttamente attraverso questa luce diffusa.

La figura umana

La figura del clochard è, per me, metafora della condizione dell’esistenza umana, tra disagio del limite e nostalgia d’infinito. Le opere sul tema fanno parte di un ciclo che tende ad evidenziare la condizione del limite, della emarginazione umana dall’Infinito e la sofferenza che questa comporta, utilizzando la similitudine con la situazione che sperimenta un clochard, escluso dalla società. L’archetipo uomo è rappresentato nel suo stato di desolata solitudine interiore, oppresso dalla nostalgia di un sogno d’infinitudine: la sua immagine interpella la coscienza perché gli interrogativi esistenziali non siano tacitati dal possesso dei beni materiali, dall’euforia del potere tecnologico, dalle vaste conoscenze scientifiche. L’uomo è sempre solo di fronte alla sua morte. Le figure, non appaiono definite in ogni parte, come nella comprensione del reale non tutto è chiaro e molto sfugge alla consapevolezza. Inoltre, come l’occhio a volte percepisce a colori, a volte in bianco e nero, secondo lo stato d’animo del momento, così solo parte dell’opera è a colori. Il clochard tende ad assumere un atteggiamento di difesa raggomitolandosi, chiudendosi in se stesso. La fatica del vivere può essere superata solo con un’apertura di affidamento. La com-passione, la fratellanza è espressa dalle armonie cromatiche, nel segno dell’azzurro e del verde, che temperano la drammaticità del tema.

Il ritratto

I miei ritratti tendono a far emergere, come protagonista, il soggetto dell’opera. La mia personale interpretazione dell’esistenza si ritira, per accogliere, pienamente, la dimensione dell’altro: è il personaggio che si presenta, vivendo, interamente, la sua realtà. La mia intuizione psicologica e la mia attenzione allo sguardo, rivelatore di stati d’animo profondi, così come ai modi espressivi e agli atteggiamenti della persona ritratta, ne permettono una rappresentazione fedele e vitale.

La parola e l’immagine

La parola s’inserisce nel tessuto compositivo e diviene parte espressiva dell’opera come forma e messaggio.
La parola, come l’immagine e con l’immagine, rivela la dimensione dell’Infinito da cui trae origine, e insieme svela un percorso di conoscenza e trasformazione nel tempo artistico.
Essa rappresenta l’invito ad un approfondimento, attraverso l’emozione, che spazia, contemporaneamente, nel linguaggio visivo e nel linguaggio verbale. Questi linguaggi si fondono, creandone un terzo, ed attuano così un’unità tra la mia dimensione poetica e quella pittorica.
La mia pittura implica, dunque, anche l’ascolto e suscita un risveglio generale dei sensi attraverso la sua emanazione di luce.
La parola è lieve traccia dell’esistenza umana nell’Universo: rappresenta il desiderio dell’uomo di interpretarlo per conoscere meglio, anche, se stesso La parola non domina nel tessuto pittorico, si mimetizza, come riassorbita da leggi cosmiche.

Pittura / Cicli Sacri

Laudes Creaturarum
Le Beatitudini
I misteri della Luce