2010

Il Premio Speciale Mirella Cultura nell’ambito del Premio Pontedilegnopoesia attribuito dalla Commissione dei rappresentanti del territorio è andato alla scrittrice varesina Silvia Venuti per l’opera Oltre il quotidiano (ed. Moretti e Vitali) per i “versi luminosi e armoniosi che condensano con semplicità e sintesi poetica tratti di vita che toccano il lettore nel più profondo spazio dell’anima.”

2013

Il primo premio va a La visione assorta di Silvia Venuti, un libro maturo, stilisticamente compatto, dove pensiero e immagini si fondono con naturale scioltezza e si potenziano a vicenda.
Le immagini sono quelle del succedersi delle stagioni, di tigli che profumano, di erbe strabordanti i sentieri in qualche vecchio giardino, di angoli di lago con le loro onde e i loro battelli, di venti, di nuvole che si slabbrano e si dipanano navigando “in un mare di cielo”.
Ma il poeta che coglie queste immagini con una precisione da incisore, è anche quello che riflette sulla propria esperienza e condizione umana, che sa che “la rarità della Bellezza / è commozione”, che “ciò che si ama / è già il nostro destino”, imprimendo alla sua poesia una piega quasi aforismatica, un tono di saggezza. Si fa presente man mano nel libro una religiosità, una pietà che rende l’autrice capace di vedere la “sacralità della vita” nelle rughe della propria mano e nell’universo.
Una poesia dunque che va premiata per la sua ricchezza di stile e di anima, e che è alla fine traducibile in quella mirabile “mimosa piena di vento” che si agita nel cuore al risveglio.

Giuseppe Conte

Premio Rodolfo Valentino – Sogni ad occhi aperti, III Edizione 2013
sezione poesia edita
9 febbraio 2013

2014

Entrare in un planetario è un’esperienza grandiosa e forse un po’ magica. Quando scende il silenzio e artificialmente viene proiettata la volta stellata, ogni spettatore rimane avvinto dalla bellezza del cielo. Lontani dall’inquinamento luminoso, dalle strettoie della nostra vita multicaotica, possiamo intuire il profilo delle costellazioni, i miti che accesero la fantasia degli antichi, che cercavano risposte ai quesiti dell’esistenza. Entrare nella poesia di Silvia Venuti, nella sua Visione assorta, è come addentrarsi in un magico planetario. Perché iniziamo a vedere la realtà con occhi nuovi, dando rilievo a tessere della nostra esistenza che consideravamo minute o, ancora di più, perché possiamo interrogarci con nuova luce sui crocevia del nostro passato o del nostro futuro.
La poesia di Silvia Venuti è prima di tutto contemplazione. È una scrittura dal passo breve, essenziale, tersa come il cristallo, che spesso trova ragione d’ispirazione nella natura.
Vengono in mente allora due maestri della nostra poesia contemporanea, le scritture ‘vegetali’ di
Pierluigi Bacchini o il ‘teatro naturale’ di Giampiero Neri.
Se volessimo portare lo sguardo più indietro, potremmo ricordare i quadri del Catai di Ezra Pound. Ma la natura è solo l’incipit della ricerca di Silvia: le sue visioni, le sue contemplazioni, si perdono nei percorsi della memoria per ritrovarsi in una dichiarata sete metafisica. Basti pensare a una delle liriche più intense della sua Visione assorta: “Quest’oggi, al risveglio, / avevo nel cuore / una mimosa piena di vento. // Vorrei vedere di me, / guardarmi con gli occhi / di quando ero bambina / per sapere, per capire / quanto ho realizzato /oppure no, a che punto sono / della mia aspettativa, / del mio sogno di vita”.
Ogni poeta, diceva Rimbaud, è un ladro di fuoco, ma ogni poeta è anche un predone della bellezza. E lo sguardo di Silvia Venuti è uno scanner ad altissima risoluzione, che cerca la bellezza in un “autunno infuocato” come nelle “rughe” di un giardino in disordine: “È invecchiato con me il giardino / e le sue rughe sono il disordine, / le erbe strabordanti i sentieri, l’intreccio sui rami dei rampicanti, / le sterpaglie, l’affollarsi dei rovi, / le specie selvatiche nei vasi. / Eppure sembra nascondere / una ricchezza nuova e segreta / come una complessità di vite e storie, / un vigore a stento trattenuto”.
Silvia Venuti scrive di aver bisogno “della gradualità, / di passaggi misurati / per opportune variazioni, / per strappare verità alle cose”: nella sua poesia questa gradualità, questa ricerca della verità, trova compimento in una grazia particolarissima, quasi fiamminga, che ricorda anche gli haiku dell’Estremo oriente. O le accensioni di padre Turoldo o gli stupori di Clemente Rebora.
C’è una parola che ritorna, per dirla alla maniera di Anna Sexton, con “estrosa abbondanza”: è la parola “tenerezza”: “Mi sembra / che anche i colori / abbiano anima / e una tenerezza indifesa / si faccia largo tra le cose / per accogliermi intera”.
La tenerezza è un segnale indicatore, un faro nella scogliera, che fa impennare lo sguardo in verticale: “Sento crescermi nell’anima / teneri germogli / animati da luce spirituale, / al cielo protesi. / S’aprono in spazi nuovi / nella profondità dell’Essere”.
Anche per questo Silvia Venuti ha vinto il premio Camposampiero di poesia religiosa.
Alessandro Rivali, 2014
Motivazione Premio Camposampiero

2017

Motivazione Premio Camaiore 2017 di Paola Lucarini
assegnato a
“Sulla soglia della trasparenza” di Silvia Venuti

Già dal titolo dell’opera “Sulla soglia della trasparenza” mirabilmente intonato al contenuto del testo, l’Autrice, Silvia Venuti, allude alla evidente trasparenza che illumina la soglia tra due mondi, l’aldilà e l’aldiquà, tra visibile e invisibile, che si rimandano a specchio scambievoli riflessi nell’avventura e nel segno del misterioso incontro, atteso dall’anima di chi incessantemente cerca l’Assoluto.

Nella dimensione del silenzio, nell’estasi contemplativa innocente e sapiente entro il cerchio del regno naturale, attraverso il dinamismo della storia personale e universale, coinvolgente e corale, la poetessa si congiunge alla vita primaria perduta e ritrovata, così sanando la celeste ferita della apparente distanza fra i diversi stati dell’essere, il prima, il poi, il futuro in un tempo che tuttavia si manifesta circolare per bagliori intermittenti di comunicazione profonda. Concetto che si evince dal pensiero dell’Autrice: “Cucire con fili di luce/ il farsi dell’anima” – e, ancora: “Cercatori di luce,/ in desiderio di luce,/ abitiamo, noi pure, / l’attesa/ d’essere illuminati”.

Si attinge infatti invincibile vitalità a contatto diretto con le forze della natura, con le visioni suggestive di un paesaggio che ci emoziona, ispirato dalla mente di Dio: “Alimenta il mondo/ questo amore divino quotidiano” nella speranza di (parole dell’Autrice) ”Cogliere la misura semplice/ della propria felicità” fino alla rivelazione: “Ogni momento è scoperta/ su cui creare improvvisa felicità”.

La poesia di Silvia Venuti rimanda a un ascolto delicato e attento, al soffio leggero dell’aria che respira l’impalpabile, ma ti penetra con vibrazioni che si fanno sensazioni d’infinito, nella realtà e nel disegno di una inesauribile aspettativa di Verità e di Bellezza.
Quella Bellezza – lei dice – “che non ha paura del mondo”.

Paola Lucarini, 16 settembre 2017

( Motivazione Premio Camaiore 2017 )

2017

“Le bellezze visibili sono immagini della bellezza invisibile, profumi sensibili tipi di favori spirituali, le luci materiali immagini di una immateriale elargizione di luce”. La citazione – di Dionigi l’Areopagita – in testa alla raccolta rimanda al titolo: Sulla soglia della trasparenza; è tutto lì, nel mantenersi in perfetto equilibrio, nel permettere all’anima di vivere l’incanto perché l’approdo alla sacralità della Natura ci consenta il colloquio con Chi – come umanissimamente scrive Piero Viotto – “ci parla attraverso le cose, ma è oltre le cose”. Il divino si specchia nello sguardo della Venuti e legge, negli occhi che contemplano la bellezza, se stesso e il ringraziamento più sincero che è dovuto alla vita.
Sandro Angelucci
Abano Terme, 10 giugno 2017

2018

L’essenzialità della parola nomina e descrive nella poesia di Silvia Venuti l’intero orizzonte degli eventi della vita umana che sembra transumanare nella visione luminosa di un assoluto superiore, in cui la città degli uomini e la creazione dell’universo divengono l’afflato di una presenza divina, di un ordine direzionato e acclarato delle cose, delle creature e degli accadimenti. Il linguaggio adottato è un predicato poetico delle metafore metafisiche, sulla linea di confine della teosofia.

Sandro Gros Pietro, 2018

Motivazione Premio Letterario Nazionale Metropoli di Torino 2018. 3° Classificata